La Lomellina non è solo riso. Il ventaglio di prodotti agroalimentari è molto ampio e comprende numerose tipicità con un forte legame con l’area geografica e caratteristiche qualitative frutto di un insieme di fattori, tra cui processi di lavorazione artigianale tramandati da generazioni. Se da un lato è vero che in Lomellina le industrie agroalimentari sono orientate esclusivamente verso la lavorazione del riso, dall’altro decine di realtà, spesso a carattere familiare, esaltano una tipologia di sapori all’insegna del motto “piccolo è bello” e della biodiversità in opposizione a un mercato che tende alla standardizzazione dei gusti. Le eccellenze gastronomiche lomelline rispondono in pieno alla richiesta di genuinità, esclusività e unicità rispettando i concetti di territorio, gusto e tradizione.
Il riso, è risaputo, è sinonimo di risotto, ma in Lomellina le sue applicazioni si estendono a farina di riso, gallette, olio di riso e perfino al sapone vegetale all’olio di riso, capace di sfruttare l’antico processo della saponificazione a freddo che dà vita a un prodotto ricco di nutrienti e delicato sulla pelle. Passando al settore degli insaccati, a Mortara la memoria si associa alla tradizione come ricostruzione del passato. Qui l’allevamento delle oche si diffuse nel Quattrocento grazie alla folta comunità ebraica, che vedeva nel palmipede domestico un surrogato del maiale proibito per motivi religiosi. Questa tradizione gastronomica è arrivata fino ai giorni nostri e dalla carne d’oca discende uno sterminato elenco di prodotti: dalla bresaolina ai ciccioli, dal petto al classico foie gras. Sempre nel campo degli insaccati non va dimenticato il “salàm d’la duja”, che raggiunge il vertice del gusto nel paese di Olevano. È questo l’insaccato più nobile perché, secondo la tradizione, dev’essere conservato sotto grasso nelle olle (o doie), piccole botti di terracotta. Ma in Lomellina si possono assaggiare anche i “cacciatori” tradizionali e all’aglio, i cacciatorini al pepe verde, al barolo e al grignolino, i salami crudi insaccati nel prezioso budello “culato”, il salame d’oca di Mortara, il salame cotto di testa, i pastosi cotechini, i sanguinacci e i salamini di fegato al Porto.
Fra gi ortaggi spiccano la cipolla rossa di Breme, la zucca bertagnina di Dorno e l’asparago rosa di Cilavegna, da gustare sia freschi, sia come confetture e salse, sia come ripieni per pasta e agnolotti. Questi sono i classici esempi di prodotti tipici che da tempi remoti appartengono a un territorio e che continuano a essere realizzati secondo saperi, metodi e pratiche che affondano le radici nella tradizione. La storia della cipolla rossa è emblematica. Secondo la tradizione, l’ortaggio fu introdotto nei terreni argillosi a ridosso del Po e del Sesia dai monaci benedettini dell’abbazia della Novalesa, fuggiti all’inizio del X secolo dalla Val di Susa e riparatisi prima a Torino e poi a Breme. La coltivazione, dopo alcuni decenni di crisi, è rinata all’inizio degli anni Ottanta del Novecento, anche grazie alla sagra organizzata nella prima metà di giugno dalla Polisportiva Bremese, e oggi la produzione dell’ortaggio di stagione si attesta intorno ai mille quintali, su una superficie di circa 120 pertiche milanesi, circa otto ettari inseriti nella zona a Denominazione comunale d’origine (Deco).
Asparago rosa di Cilavegna
Fagioli borlotti di Gambolò
Zucca bertagnina di Dorno
Offella di Parona
A Dorno la zucca bertagnina, dopo essere stata dimenticata per anni fino a diventare “esemplare in via di estinzione”, è stata riscoperta nel 2004 e celebrata con l’omonima sagra di ottobre. Il nome deriva dal dialettale “bartö”, che indica il berretto e, metaforicamente, la protuberanza dell’ortaggio. Anche a Cilavegna, in occasione della sagra della prima metà di maggio, il pubblico può appezzare gli asparagi primaticci e una vasta gamma di degustazioni: dai risotti alle frittate, fino all’amaro a base di asparagi.
Caratteristici sono anche i fagioli borlotti di Gambolò, antica varietà coltivata in terreni sabbiosi della Lomellina orientale a pochi chilometri dal Ticino. Fra i formaggi si possono citare la “Burgundella” di Sannazzaro de’ Burgondi e i nuovi Caprino di Ceriella e Capriccio di capraio, prodotti da un’azienda agricola di Zeme.
Nel settore dolciario la parte del leone va all’offella di Parona, dolce di forma ovale che dà il nome all’annuale sagra. Della ricetta codificata alla fine dell’Ottocento dalle sorelle Pasqualina ed Elena Colli si conoscono solo gli ingredienti (farina di frumento, zucchero, burro, uova, lievito e olio d’oliva), ma non quantità e procedure. Il segreto è in mano alla Pro loco, che ha autorizzato tre forni locali alla produzione del prelibato biscotto. In Lomellina si possono gustare anche le “sartirane”, dolci a forma di rana che rimandano sia all’omonimo paese sia all’anfibio che vive nelle risaie.